28. NEL CUORE DI CRISTO HA AVUTO LUOGO LA PERFETTA RICONCILIAZIONE TRA CIELO E TERRA
(3 settembre 1989, Angelus)
"Cuore di Gesù, nostra pace e riconciliazione abbi pietà di noi". Recitando con fede questa bella invocazione delle Litanie del Sacro Cuore, un senso di fiducia e di sicurezza si diffonde nel nostro animo: Gesù è veramente la nostra pace, la nostra suprema riconciliazione.
Gesù è la nostra pace. È noto il significato biblico del termine "pace": esso indica, in sintesi, la somma dei beni che Gesù, il Messia, ha portato agli uomini. Per questo, il dono della pace segna l'inizio della sua missione sulla terra, ne accompagna lo svolgimento, ne costituisce il coronamento. "Pace" cantano gli angeli presso il presepe del neonato "Principe della Pace" (cfr. Lc 2,14, Is 9,5). "Pace" è l'augurio che sgorga dal Cuore di Cristo, commosso dinanzi alla miseria dell'uomo infermo nel corpo (cfr. Lc 8,48) o nello spirito (cfr. Lc 7,50). "Pace" è il saluto luminoso del Risorto ai suoi discepoli (cfr. Lc 24,36; Gv20,19.26),.che egli, al momento di lasciare questa terra, affida all'azione dello Spirito, sorgente di "amore, gioia, pace" (Gal 5,22).
Gesù è, al tempo stesso, la nostra riconciliazione. In seguito al peccato si è prodotta una profonda e misteriosa frattura tra Dio, il Creatore, e l'uomo, sua creatura. Tutta la storia della salvezza altro non è che il resoconto mirabile degli interventi di Dio in favore dell'uomo perché questi, nella libertà e nell'amore, ritorni a lui; perché alla situazione di frattura succeda una situazione di riconciliazione e di amicizia, di comunione e di pace.
Nel Cuore di Cristo, pieno di amore per il Padre e per gli uomini, suoi fratelli, ha avuto luogo la perfetta riconciliazione tra Cielo e terra: "Siamo stati riconciliati con Dio - dice l'Apostolo - per mezzo della morte del Figlio suo (Rm 5, 10)".
Chi vuol fare l'esperienza della riconciliazione e della pace deve accogliere l'invito del Signore e andare da lui (cfr. Mt 11, 2 8). Nel suo Cuore troverà pace e risposo; là, il suo dubbio si muterà in certezza, l'affanno, in quiete; la tristezza, in gioia; il turbamento, in serenità. Là troverà sollievo al dolore, coraggio per superare la paura, generosità per non arrendersi all'avvilimento e per riprendere il cammino della speranza.
In tutto simile al Cuore del Figlio è il Cuore della Madre. Anche la Beata Vergine è per la Chiesa una presenza di pace e di riconciliazione: non è lei che, per mezzo dell'angelo Gabriele, ha ricevuto il più grande messaggio di riconciliazione e di pace, che Dio abbia mai inviato al genere umano? (cfr. Lc 1, 26-38).
Maria ha dato alla luce Colui che è la nostra riconciliazione; Ella stava accanto alla Croce, allorché, nel sangue del Figlio Dio ha riconciliato "a sé tutte le cose" (Col 1, 20); ora, glorificata in cielo, ha - come ricorda una preghiera liturgica - "un cuore pieno di misericordia verso i peccatori, / che volgendo lo sguardo alla sua carità materna / in lei si rifugiano e implorano il perdono" di Dio (cfr. Missale Romanum, Praefatio "de Beata Maria Virgine").
Maria, Regina della Pace, ci ottenga da Cristo il dono messianico della pace e la grazia della riconciliazione, piena e perenne, con Dio e con i fratelli. Per questo la preghiamo.
29. IN CRISTO SI E COMPIUTA IN MODO PERFETTO LA FIGURA DELL'"AGNELLO PASQUALE"
(10 settembre 1989, Angelus)
"Cuore di Gesù, vittima dei peccati, abbi pietà di noi". Questa invocazione delle Litanie ricorda che Gesù, secondo la parola dell'apostolo Paolo, "è stato messo a morte per i nostri peccati" (Rm 4,25); benché, infatti, egli non avesse commesso peccato, "Dio lo ha trattato da peccato in nostro favore" (2 Cor 5,21). Sul Cuore di Cristo gravò, immane, il peso del peccato del mondo.
In Lui si è compiuta in modo perfetto la figura dell'"agnello pasquale", vittima offerta a Dio perché nel segno del suo sangue fossero risparmiati i primogeniti degli Ebrei (cfr. Es 12,21-27). Giustamente, pertanto, Giovanni Battista riconobbe in Lui il vero "Agnello di Dio" (Gv 1, 29): agnello innocente, che aveva preso su di sé il peccato del mondo per immergerlo nelle acque salutarí del Giordano (cfr. Mt 3, 13 -16 ss.); - agnello mite, "condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori" (Is 53, 7), perché dal suo divino silenzio fosse confusa la parola superba degli uomini iniqui.
Gesù è vittima volontaria, perché si è offerto "liberamente alla sua passione" (Missale Romanum, Prex Euchar. Il.), quale vittima di espiazione per i peccati degli uomini (cfr. Lv 1, 4; Eb 10, 5-10); che ha consumato nel fuoco del suo amore.
Gesù è vittima eterna. Risorto da morte e glorificato alla destra del Padre, Egli conserva nel suo corpo immortale i segni delle piaghe delle mani e dei piedi forati, dal costato trafitto (cfr. Gv 20,27; Lc 24,39-40) e h presenta al Padre nella sua
incessante preghiera di intercessione in nostro favore (cfr. Eb 7, 25; Rm 8,34). La mirabile Sequenza della Messa di Pasqua, ricordando questo dato della nostra fede, esorta:
"Alla vittima pasquale,si innalzi oggi il sacrificio di lode. L'agnello ha redento il suo gregge.
L'innocente ha riconciliato noi peccatori col Padre" (Sequentia "Victimae Paschali", str. 1).
E il prefazio di tale Solennità proclama:
Cristo è A vero Agnello che ha tolto i peccati del mondo, è lui che morendo ha distrutto la morte,
e risorgendo ha ridato a noi la vita".
Abbiano contemplato il Cuore di Gesù vittima dei nostri peccati; ma prima di tutti e più profondamente di tutti lo contemplò la sua Madre addolorata, della quale la liturgia canta: "Per i peccati del popolo suo / ella vide Gesù nei tormenti / del duro supplizio" (Sequentia "Stabat Mater", str. 7). Nella prossimità della memoria liturgica della Beata Vergine Maria Addolorata, ricordiamo questa presenza intrepida e interceditrice della Madonna sotto la Croce del Calvario, e pensiamo con immensa riconoscenza che, in quel momento, il Cristo morente, vittima dei peccati del mondo, ce l'ha affidata come Madre; "Ecco la tua Madre" (Gv 19,27).
A Maria affidiamo la nostra preghiera, mentre diciamo al Figlio suo Gesù: Cuore di Gesù, vittima dei nostri peccati, accogli la nostra lode, la gratitudine perenne, il pentimento sincero. Abbi pietà di noi, oggi e sempre. Amen.
30. GESÙ CRISTO È L'EPIFANIA DELL'AMORE SALVIFICO DEL PADRE
(17 settembre1989, Angelus)
"Cuore di Gesù, salvezza di coloro che sperano in te, abbi pietà di noi".
Nella Sacra Scrittura ricorre costantemente l'affermazione che il Signore è "un Dio che salva" (cfr. Es 15, 2; Sal 5 1, 16; Sal 79, 9; Is 46,13) e che la salvezza è un dono gratuito del suo amore e della sua misericordia. L'apostolo Paolo, in un testo di alto valore dottrinale, afferma incisivamente: Dio "vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità" (1 Tm 2,4; cfr. 4, 10).
Questa volontà salvifica, che si è manifestata in tanti mirabili interventi di Dio nella storia, ha raggiunto il suo culmine in Gesù di Nazareth, Verbo incarnato, Figlio di Dio e Figlio di Maria. In lui, infatti, si è compiuta pienamente la parola rivolta dal Signore al suo "Servo": "Io ti renderò luce nelle nazioni / perché porti la mia salvezza / fino all'estremità della terra" (Is 49, 6; cfr. Lc 2,32).
Gesù è l'epifania dell'amore salvifico del Padre (cfr. Tt 2, 11; 3,4). Quando Simeone prese tra le braccia il bambino Gesù, esclamò: "I miei occhi hanno visto la tua salvezza" (Lc 2,30).
In Gesù, infatti, tutto è in funzione della sua missione di Salvatore: il nome che porta ("Gesù" significa "Dio salva"), le parole che pronunzia, le azioni che compie, i sacramenti che istituisce.
Gesù è pienamente cosciente della missione che il Padre gli ha affidato: "Il Figlio dell'uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto" (Lc 19, 10). Dal suo cuore, cioè dal nucleo
Più intimo del suo essere, sgorga quell'impegno per la salvezza dell'uomo che lo spinge a salire, come mite agnello, il monte Calvario, a stendere le braccia sulla croce e a "dare la propria vita in riscatto per molti" (Mc 10, 45).
Nel cuore di Cristo noi possiamo, dunque, riporre la nostra speranza. Quel Cuore - dice l'invocazione - è salvezza "per coloro che sperano in lui". E Signore stesso che, la vigilia della sua passione, chiese agli apostoli di avere fiducia in lui - "Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fiducia in Dio e abbiate fiducia anche in me" (Gv 14, 1) - oggi chiede a noi di confidare pienamente in lui: ce lo chiede perché ci ama, perché, per la nostra salvezza, ha avuto il Cuore trafitto, le mani e i piedi forati. Chiunque confida in Cristo e crede nella potenza del suo amore, rinnova in sé l'esperienza di Maria di Magdala, quale ce la presenta la liturgia pasquale: "Cristo, mia speranza, è risorto!" (Sequentia "in Dom. Paschae").
Rifugiamoci, dunque, nel Cuore di Gesù! Egli ci offre una parola che non passa (cfr. Mt 24,25), un amore che non viene meno, un'amicizia che non s'incrina, una presenza che non cessa (cfr. íbid. 28,20).
La beata Vergine, "che accolse nel suo cuore immacolato il Verbo di Dio e meritò di concepirlo nel suo grembo verginale" (cfr. Praefatio "ín. Missa vot. B.V.M. Matris Ecclesiae", ci insegni a riporre nel cuore del suo Figlio la nostra totale speranza, nella certezza che questa non sarà delusa.
31. IL CUORE DI GESÙ CRISTO SPERANZA E SICUREZZA PER CHI MUORE IN LUI
(5 novembre 1989, Angelus)
"Cuore di Gesù, speranza di coloro che muoiono in te, abbi pietà di noi".
La morte fa parte della condizione umana, è il momento terminale della fase storica della vita.
Nella concezione cristiana, la morte è un passaggio: dalla luce creata alla luce increata, dalla vita temporale alla vita eterna.
Ora, se il Cuore di Cristo è la sorgente da cui il cristiano attinge luce ed energia per vivere come figlio di Dio, a quale altra sorgente egli si volgerà per attingere la forza di morire in modo coerente con la sua fede? Come "vive in Cristo",così egli non può che "morire in Cristo".
L'ínvocazione litanica riassume l'esperienza cristiana dinanzi all'evento della morte: il Cuore di Cristo, il suo amore e la sua misericordia sono speranza e sicurezza per chi muore in lui.
Ma conviene sostare un momento e interrogarsi: che cosa significa "morire in Cristo"? Significa anzitutto, leggere l'evento straziante e misterioso della morte alla luce dell'insegnamento del Figlio di Dio e vederlo, perciò, come il momento della partenza verso la casa del Padre, là dove Gesù, passando anch'egli attraverso la morte, è andato a preparare un posto per noi (cfr. Gv 14,2); significa cioè credere che, nonostante il disfacimento del nostro corpo, la morte è premessa di vita e di frutto abbondante (cfr. íbid. 12,24).
"Morire in Cristo" significa, inoltre, confidare in Cristo e abbandonarsi totalmente a lui, consegnando nelle sue mani - di fratello, di amico, di buon pastore - il proprio destino, così come egli, morendo, consegnò il suo spirito nelle mani del Padre (cfr. Lc 23,46). Significa chiudere gli occhi alla luce di questo mondo nella pace, nell'amicizia, nella comunione con Gesù, perché nulla, "né morte né vita... potrà mai separarci dall'amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore" (Rm 8,38-39). In quell'ora suprema il cristiano sa che, anche se il cuore gli rimprovera delle colpe, il Cuore di Cristo è più grande del suo e può cancellare ogni suo debito, se egli è pentito (cfr. 1 Gv 3,20).
"Morire in Cristo" significa ancora munirsi per quel momento decisivo dei "santi segni" del "passaggio pasquale": il sacramento della Penitenza, che ci riconcilia col Padre e con tutte le creature; il santo Viatico, Pane di vita e farmaco di immortalità; l'Unzione degli infermi, che dà vigore al corpo e allo spirito per il combattimento supremo.
"Morire in Cristo" significa, infine, "morire come Cristo": pregando e perdonando; avendo accanto a sé la beata Vergine. Come madre, Ella fu presso la croce del Figlio (cfr. Gv 19,25) come madre è accanto ai suoi figli morenti, Ella che, con il sacrificio del suo cuore, ha cooperato a generarli alla vita della grazia (cfr. Lumen Gentium, 53); è accanto a loro, presenza compassionevole e materna, perché dal travaglio della morte essi nascano alla vita della gloria.
32. IL CUORE DI CRISTO SORGENTE DELLA VITA DI AMORE DEI SANTI
(17 novembre 1989, Angelus)
Dopo le invocazioni "salvezza di quanti sperano in te", e "speranza di quanti muoiono in te", le Litanie si concludono rivolgendosi al Cuore di Gesù come "gioia di tutti i santi". È già visione di paradiso; è notazione veloce sulla vita del Cielo; è parola breve che dischiude spazi infiniti di beatitudine eterna.
Su questa terra il discepolo di Gesù vive nell'attesa di raggiungere il suo Maestro, nel desiderio di contemplare il suo volto, nell'aspirazione struggente di vivere sempre con lui. Nel Cielo invece, compiuta l'attesa, il discepolo è già entrato nella gioia del suo Signore (cfr. Mt 25,21-23); contempla a volto del Maestro, non più trasfigurato per un solo istante (cfr. Mt 17,2; Mc 9,2; Lc 9,28), ma splendente in eterno del fulgore dell'eterna Luce (cfr. Eb 1, 2); vive con Gesù e della stessa vita di Gesù.
La vita del cielo non è altro che la fruizione perfetta, indefettibile, intensa dell'amore di Dio - Padre, Figlio, Spirito non altro che la rivelazione totale dell'essere intimo di Cristo, e la comunicazione piena alla vita e all'amore, che sgorgano dal suo Cuore. Nel Cielo i beati vedono appagato ogni desiderio, avverata ogni profezia, placata ogni sete di felicità, colmata ogni aspirazione.
Perciò il cuore di Cristo è la sorgente della vita di amore dei santi: in Cristo e per mezzo di Cristo e i beati del Cielo sono amati dal Padre, che li unisce a Sé col vincolo dello Spirito, divino Amore; in Cristo per mezzo di Cristo essi amano il Padre e gli uomini, loro fratelli, con l'amore dello Spirito.
Il Cuore di Cristo è lo spazio vitale dei beati: il luogo dove essi rimangano nell'amore (cfr. Gv 15, 9), traendone gioia perenne e senza limite. La sete infinita di amore, misteriosa sete che Dio ha posto nel cuore umano si placa nel Cuore divino di Cristo.
Lì si manifesta in pienezza d'amore del Redentore verso gli uomini, bisognosi di salvezza; del Maestro verso i discepoli, assetati di verità; dell'Amico che annulla le distanze ed eleva i servi alla condizione di amici, per sempre, in tutto. L'intenso desiderio, che sulla terra si esprimeva nel sospiro: "Vieni, Signore Gesù" (Ap 22,20), ora, nel Cielo, si tramuta in visione faccia a faccia, in possesso tranquillo, in fusione di vita: di Cristo nei beati, dei beati in Cristo!
Elevando verso di essi lo sguardo dell'animo e contemplandoli intorno a Cristo insieme con la loro Regina, la Vergine Santissima, noi ripetiamo con ferma speranza, la lieta invocazione: "Cuore di Gesù, gioia di tutti i santi, abbi pietà di noi! ".