Era un mattino di primavera, quando appena smontato dal lavoro notturno, mi recai presso un paesino per conoscere uno « strano giovane », che vi era tornato dopo esservi stato invitato da un amico del luogo.
In giro circolavano voci che dal suo arrivo era sorto un grande entusiasmo tra i giovani del paese per la sua capacità di rendere festosa la testimonianza cristiana ma anche, che a causa di una certa diffidenza degli adulti, era stato costretto a passare qualche notte all'aperto, sotto le stelle.
Dopo essere ripartito per prendere la sua roba era tornato stabilendosi in un vecchio casolare, che una anziana coppia gli aveva messo a disposizione.
Intendeva infatti continuare il rapporto di amicizia instaurato con quei giovani.
Così, appena seppi del suo ritorno, non indugiai neppure un momento, dirigendomi spedito con la mia vecchia automobile presso il paesino di cui sto parlando, situato su una amena collina.
Spesso pregavo il Signore di condurmi nella via della Fede, perché pur condividendo la comunione fraterna con il gruppo pentecostale del paese in cui vivo, avvertivo l'insicurezza sul suo fondamento cristiano apostolico, anche se non mancavano i segni della Sua presenza.
Desideravo forse inconsapevolemente che qualcosa accadesse nella mia vita per sentirmi spinto a iniziare un cammino nella Chiesa cattolica.
Arrivai dunque ansioso al paesino e, chiesto al primo passante dove si fosse stabilito il «giovane venuto da Milano» me ne indicò subito il luogo.
Entrai e fui accettato con molto calore; rimasi colpito dalle icone sistemate sui muri delle stanze, dalle corone di rosario, immaginette e crocifissi allestiti su un tavolo, che mi fecero rimanere un po' perplesso senza tuttavia irrigidirmi.
L'entusiasmo con cui stava riordinando l'abitazione, insieme ad una ragazza, vinse i miei pregiudizi, mi ofrii per porgere il mio aiuto. Continuammo così, aprendoci l'uno all'altro, per conoscerei meglio.
Rimasi profondamente toccato dalla convinzione con cui egli, citando spesso il Vangelo, considerava la Chiesa l'unica dispensatrìce della Verità insegnata da Cristo.
Preferì poi lasciare in sospeso quel discorso, quantunque avessi desiderato continuarlo, per darmi il tempo di digerire quel punto di fondamentale importanza per me.
Rimuginai a lungo su quell'avvenimento che aveva rimesso in moto tutti i miei pensieri per capire meglio il senso di quell'incontro.
Non vedevo l'ora di tornare di nuovo al paesino e appena vi arrivai, trovai Enzo insieme ad alcuni nuovi amici sulla soglia del vecchio casolare, tutto intento ad accarezzare una coppia di tortorelle e a giocare con un vispo ranocchietto : i suoi ventiquattro anni di fronte a una simile spontaneità intenerirono il mio cuore facendomi riflettere.
Lo invitai a pranzo in famiglia e mia madre lo accolse senza tuttavia nascondere qualche dubbio; presto però cambiò atteggiamento quando Enzo cominciò a parlare della Madonna. A tutti si era riscaldato il cuore tanto che cominciammo a cantare e a battere le mani così appassionatamente da far accorrere il vicinato incuriosito.
Arrivarono anche parecchi ragazzi dal paesino felici di averci raggiunto dopo aver sfacchinato a piedi per otto chilometri.
E rimanemmo fino a pomeriggio inoltrato ad ascoltare tutt'orecchi fatti narrati nel Vangelo come se li sentissimo per la prima volta.
Vedendo poi che il nostro canto gioioso riusciva ad attirare l'attenzione, Enzo propose di andare in giro per i paesi circostanti a fare apostolato con la chitarra e ben presto ovunque molti giovani conobbero una nuova proposta che li invitava a coinvolgersi.
Il vecchio casolare fu denominato « Cenacolo della Divina Misericordia » perché c'era un quadro di Gesù Misericordioso che Enzo aveva dipinto, e divenne un richiamo per quanti si erano sentiti toccati dalla nostra testimonianza.
In determinate ore del giorno si recitava il rosario, in altre si lavorava: alcuni disegnavano o leggevano, altri costruivano oggettini o facevano calchi di gesso, altri ancora curavano l'ambiente per renderlo più bello ed accogliente.
Al sabato anche la gente del paese partecipava alla meditazione su un brano del Vangelo e molti venivano dai paesi d'intorno.
Ci capitò, più di una volta, di vedere al « cenacolo » dei giovani incontrati in qualche occasione di apostolato, ostili a quel modo di presentare il Vangelo, commossi davanti al Gesù Misericordioso e qualcuno addirittura in lagrime.
La sera ci si recava in gruppo presso un piccolo torrente per pregare e cantare attorno al fuoco che accendevano per far luce.
Tutto sembrava aver riacquistato un nuovo sapore perché avevamo trovato chi ci capiva e ci aiutava a guardare con purezza tutte le cose: e questo esercitava un fascino particolare perché ci si sforzava sinceramente di vincere le inclinazioni che avrebbero reso la vita meno bella.
Quando Enzo mi disse che ormai era giunto il momento di fare una scelta circa la mia posizione nei confronti della Chiesa cattolica, lo sentii così affettuosamente intransigente che quell'invito mi sconvolse; non era però possibile trascurare con quanta fede egli vivesse il suo cristianesimo nella Chiesa e quanto amasse in fondo degli sconosciuti, al di là dei comuni esempi di indifferenza nelle nostre parrocchie. Decisi allora di correre il rischio, affidandomi alla fedeltà del Signore che avrebbe saputo condurre a termine la Sua opera. Avevamo fatto conoscenza con i parroci dei vari paesi e tutte le volte che ci recavamo ad una cittadina a circa 20 km. Di distanza, andavamo a trovare un anziano vescovo rimasto cieco che provava molta gioia delle nostre visite.
Naturalmente non mancavano mai lo scetticismo e la polemica e molti cominciarono a voltare le spalle o ad ostacolare quella esperienza.
Tutto questo recava molto dolore al nostro giovane amico che vedeva ricambiata la sua disinteressata amicizia nell'amore al Signore con la indifferenza e l'abbandono di chi aveva sbollito l'entusiasmo iniziale.
Sensibilissimo, quando vedeva che qualcuno incontrava delle difficoltà a rimanere nel gruppo e cominciava ad allontanarsene, si affliggeva tanto da perdere lui stesso la pace.
Viveva con la massima partecipazione ogni singolo avvenimento e si immedesimava a tal punto nella perdona che di volta in volta stava considerando o con cui parlava, da sentirne tutte le particolarità di gioia o di sofferenza.
Questa sua caratteristica di immedesimazione con le persone appariva ancor più evidente quando considerava la natura circostante, godendo nel contemplare le opere della creazione e unendosi al canto degli uccelli o al sibilo del vento per glorificare il Signore.
Ciò che maggiormente mi stupiva era la sua commozione quando entrava nelle chiese per far visita al Santissimo.
Un giorno nella chiesa del mio paese scoppiò in lagrime e singhiozzi e a dire il vero temetti che gli fosse accaduto qualcosa soprattutto perché aveva portato le mani sul cuore ma mi disse poi che aveva sentito il dolore della solitudine di Gesù « prigioniero d'amore » nel tabernacolo.
Tutti i giorni ci faceva partecipare alla S. Messa e ci invitava alla frequenza della confessione e della Comunione che egli riceveva sempre con grande fervore. Era preoccupato però se non vedeva qualcuno e si rallegrava se si vedeva più appoggiato ed incoraggiato. Desiderava che anche gli altri fossero infervorati come lui e si prodigava con tutte le sue capacità, scherzando, cantando, danzando o dipingendo per far notare a tutti di essere innamorato di Gesù; ma sempre più spesso la sera si ritrovava stanco e deluso, inaridito per essersi completamente svuotato in questo tentativo.
I giovani che si vedeva attorno erano sempre meno, perché i più si erano resi conto che in fondo seguire una simile esperienza avrebbe comportato rinunce continue e si cercava di mascherare la mancanza di coraggio ad affrontare l'impegno cristiano con critiche o con giustificazioni.
Ciò intaccò a poco a poco lo slancio generoso di Enzo che, quantunque pieno di energie e vitalità, non riusciva a concepire la sua vita senza sostegni e senza appoggi umani. Cominciò a fare supposizioni se fosse veramente quella la strada per la quale il Signore lo aveva chiamato.
Cercava di farsi coraggio pensando di salvare il suo contributo a dare testimonianza di Fede riaffermandosi nel campo dell'arte e alla fine decise ritentare in questo senso riproponendosi di mantenere i rapporti con quelli che avessero voluto.
Ne seguì per più di un anno un contatto epistolare intervallato da alcune visite di pochi giorni che servirono a mantenerci uniti e ad incoraggiarci. Aderimmo poi a un movimento ecclesiale e rompemmo tacitamente quel legame.
Lessi dopo alcuni anni su un quotidiano che Enzo era uscito illeso da un gravissimo incidente stradale e che questo lo aveva portato nuovamente a riflettere sulla volontà del Signore a suo riguardo.
Mi fece piacere sapere che aveva ancora una volta lasciato tutto per disporsi alla sequela di Cristo ma mi sentivo così intiepidito che neppure ebbi la voglia di scrivere due righe per riallacciare i rapporti.
A distanza di sette anni vissuti con un pauroso decrescendo, ricevetti un giornaiino di «fratel Enzo » intitolato: CRESCERE INSIEME.
Mi fecero riflettere le numerose testimonianze di fecondo apostolato svolto in tutta Italia; ma non ebbi la buona volontà di prendere la penna quantunque sentissi che da ciò poteva ricominciare una vita più vera.
Passò ancora qualche mese e questa volta era fratel Enzo stesso che riapriva con una lettera fiume un rapporto da me inconsapevolmente tanto atteso: mi balzò letteralmente il cuore per le sue espressioni di accorata amicizia in cui mi vedevo ricompreso e riabbracciato al di là di quello che poteva essere ormai il mio stato.
Avevo ritrovato l'Amico che mi offriva di nuovo se stesso dopo essere stato provato duramente dalla solitudine e dal rifiuto della società. Compresi allora che quegli anni avevano fatto maturare la sua giovane fede rendendolo più esperto della infedeltà dell'uomo e della fedeltà di Dio conquistata attraverso la lotta tenace contro le proprie passioni e le « sicurezze » del mondo.
Desiderai allora ansiosamente di rivederlo anche perché avevo sognato qualche tempo prima che una grande luce si era sprigionata da quell'incontro e così accadde realmente pochi giorni dopo quando si rese disponibile per venire a svolgere apostolato nel mio paese.
Lo trovai col cuore ancora più spalancato di una volta, pronto ad accogliere, a donare la sua gioia e ad incoraggiare, tutto però con un contegno ed una prudenza che prima non aveva e senza preoccuparsi minimamente di essere accettato o respinto.
Notai subito il carattere ordinato del suo apostolato teso a valorizzare ogni attimo dando il massimo risalto alla preghiera metodica attraverso la liturgia delle ore e alla partecipazione eucaristica quotidiana.
La sua insistenza sulla purezza era una costante che colpiva tutti e rendeva più amabile ogni altro discorso perché appariva evidente che la capacità di infondere credibilità alle parole scaturiva soprattutto dall'offerta della propria scelta di verginità.
Ritenevo che incontrare nuovamente fratel Enzo mi avrebbe ridato un po' di entusiasmo, quasi che la gioia inferiore potesse provenire semplicemente dall'essere rincuorato da chi ne è in possesso, e invece egli mi fece notare con estrema comprensione quante cose nocive ed inutili mi avevano ingolfato mentre ero convinto di essere sulla retta via; il Signore mi diede di riconoscere il mio stato e presi subito la risoluzione di rimuovere quegli ostacoli che si erano così sottilmente radicati nella mia vita, e di cui difficilmente qualcuno si sarebbe accorto.
Provai un senso di liberazione perché la Grazia era tornata a splendere ed ora potevo anche trovare la forza per riprendere il cammino che avevo smesso e che mi rendeva infelice.
Mi sentivo davvero spronato a mettercela tutta per dare senso alla vita considerando la totale donazione di fratel Enzo: il suo esempio nell'aver accettato di seguire Cristo rinnegando tutto, offrendo la sofferenza nel vedersi ostacolato continuamente e preferendo il nascondimento ormai invece dell'affermazione del suo ideale cristiano.
Quanto dovrebbe farci tenerezza questo Dio che cerca di farsi amare insegnando ai suoi amici a rimanere nella debolezza e nel disprezzo. E invece gli uomini continuano a cercare i casi eclatanti che fanno subito scalpore; mentre è proprio dinanzi alla « debolezza » di un Dio « indifeso » alla disperata ricerca delle sue creature che fratel Enzo si è trovato disarmato e defìnivamente si è arreso commuovendosi per tanta indigenza.
In questo abbraccio del « Crocifìsso » e uniformandosi ad Esso si perpetua nella storia la Verità dell'uomo che squarcia le tenebre che attanagliano la nostra società.
Dietro l'appariscenza della corruzione e della sfrenata ricerca del benessere materiale si nascondono dei segni meravigliosi a cui guardare con fiduciosa speranza perché rappresentano una strada che può riscattare una generazione che ha smarrito Dio e far riscoprire in Lui ogni altro bene.
[Modificato da Credente 19/01/2013 14:39]